I segreti del Pesto, secondo Roberto Panizza
Quello che so sul pesto, non ve lo dirò mai. Però mi farò scappare qualcosa, decisamente ve lo devo.
In questi ultimi dieci anni di pesto ho parlato parecchio, ho ascoltato parecchio, ne ho fatto parecchio.
Si impara molto girando, ascoltando, facendo. Si arriva all’essenza. Al nocciolo della questione.
La cosa interessante è che tutti hanno la loro verità, i loro segreti e trucchi, genovesi, liguri e non. Quello che ho capito è che non esiste la chiave per fare il pesto buono, bisogna scoprire la combinazione, che è molto complicata. Ci vuole il Basilico buono, meglio se è un “Genovese dop”, non c’è storia. Se sbagli il basilico sei spacciato, anche se te lo sei coltivato tu nell’orto. Quando il pesto diventa rapidamente nero (ossida) la colpa è del basilico: o è stato coltivato al sole diretto, o è stato raccolto troppo tardi o è troppo vecchio.
Le foglie lavatele, poi asciugatele senza ansia. Non schiacciatele, ma non è necessario disboscare la foresta amazzonica per produrre la carta monouso utile ad asciugare delicatamente un mazzo di basilico. Tra 60 secondi finirà tutto nel mortaio o nel frullatore. Amen.
Poi ci sono gli altri ingredienti : parmigiano, pecorino, sale grosso, olio, pinoli e aglio.
L’aglio se è di Vessalico, un paesino nell’entroterra della Riviera Ligure di Ponente, è meglio.
È davvero buono, perfetto per il pesto. Il suo sapore è netto, deciso, piccante, senza quelle fastidiose note di amaro che caratterizzano molto l’aglio di importazione. E poi è digeribile: scusate se è poco.
Nel mortaio bisogna pestare, se lo accarezzi il pesto non viene.
Ma non bisogna mettere troppo basilico, si fa prima a dividerlo in due o tre parti . Un trucco che ho imparato è quello di togliere i pinoli e l’aglio subito dopo averli schiacciati (lo si fa come prima cosa), in modo da lavorare il basilico nel mortaio vuoto solo con qualche grano di sale grosso. Anche qui evitiamo di avere qualcosa che attutisca il lavoro del pestello, rendendo il nostro lavoro meno efficace e facendo soffrire il basilico. Quando il basilico comincerà a rilasciare acqua di vegetazione, riportiamo nel mortaio la crema di aglio e pinoli.
Se usate il frullatore usate pure tutti gli artifici del caso (raffreddare, frullare a intermittenza): verrà un pesto buonissimo, anche mistico. Ma non avrà mai il sapore di un pesto al mortaio. Facciamocene (tutti) una ragione.
Il pesto si fa sulle pareti del mortaio.
Dopo aver ammaccato le foglie si ruota il pestello nel mortaio. È l’attrito del legno contro il marmo che macina il basilico, non i colpi di pestello.
Il pesto è una tecnica, non una ricetta.
Lo afferma Gareth Jones, attento gastronomo inglese, amico e ormai coinvolto nel campionato del mondo del pesto al mortaio. Non ha mica torto, purché si rispettino gli ingredienti tradizionali. La ricetta prevede i pesi e le misure. Si possono dare (lo facciamo) ma deve essere chiaro che sono solo indicativi e ciascuno deve trovare “il proprio pesto”:
- 4 mazzi (60-70 g. in foglie) Basilico Genovese D.O.P., garanzia della tipicità di profumo e sapore
- 30 gr Pinoli
- 45-60 gr Parmigiano Reggiano stravecchio grattugiato
- 20-40 gr Fiore Sardo grattugiato (Pecorino Sardo)
- 1-2 Spicchi d’Aglio di Vessalico (Imperia)
- 10 gr Sale Marino Grosso
- 60-80 cc Olio Extra Vergine di Oliva “Riviera Ligure” D.O.P., dolce e fruttato, esalta il profumo del Basilico e del condimento