Dimentica i menu troppo complessi: il 2025 celebra il ritorno alla semplicità

Dimentica i menu troppo complessi: il 2025 celebra il ritorno alla semplicità

Mangiare fuori sta cambiando volto. Dopo anni di tecnicismi esasperati e piatti molecolari, gli chef di tutto il mondo stanno riscoprendo il fascino della semplicità. E i loro ristoranti non solo sopravvivono, ma prosperano.

Mi piace osservare queste tendenze durante i miei viaggi di lavoro. C’è un filo conduttore che unisce le cucine internazionali: un ritorno ai sapori autentici e ai piatti classici. Per oltre un decennio, la cucina molecolare ha regnato incontrastata, ma oggi è chiaro che i commensali cercano altro. Vogliono essere rassicurati, tornare alle origini, e lo fanno attraverso ricette che parlano un linguaggio universale di memoria e qualità.

Un esempio lampante è la riscoperta delle farine di grani antichi. Ingredienti come il Senatore Cappelli, la Tumminia e il Farro stanno vivendo una rinascita globale, diventando i protagonisti di pane cotto a legna, pasta fresca e dolci regionali. Questi grani non sono solo un omaggio al passato: rappresentano un legame con il territorio, una scelta sostenibile e un atto di valorizzazione della biodiversità agricola. In Italia, questa rivoluzione si traduce in piatti che riscoprono la loro anima: il pesto genovese, gli spaghetti alla carbonara, il ragù bolognese. Sapori che parlano di qualità delle materie prime e di autenticità.

Il fenomeno non si limita all’Italia. In Thailandia, per esempio, gli chef stanno rivalutando le tradizioni culinarie locali, anche dopo essersi formati in accademie di cucina occidentali. Oggi, le differenze tra la cucina del nord e del sud del Paese sono celebrate, e i piatti tradizionali occupano un posto d’onore nei menu di alta cucina. Questo movimento è sostenuto sia dai turisti che dai cittadini, che riconoscono il valore della gastronomia autoctona e sono disposti a investire per viverne l’esperienza.

E che dire del Perù? Il Central, ristorante di Lima, ha trasformato la ricerca di ingredienti locali in una vera e propria arte. Ogni piatto è un manifesto di sostenibilità e creatività, un esempio da seguire per chiunque voglia innovare rispettando la natura. Anche in Italia, l’approccio è simile: chilometro zero, riduzione degli sprechi, attenzione ai fornitori locali. La sostenibilità diventa un principio guida che si sposa perfettamente con il ritorno alla semplicità.

Ma questo non è solo un discorso di filosofia culinaria. La mancanza di personale è una delle più grandi sfide per il settore dell’ospitalità. Ho parlato con molti ristoratori, e tutti confermano la difficoltà di trovare chef, camerieri e altri professionisti qualificati. Questa carenza sta spingendo i ristoranti a semplificare: menu più essenziali, ma curati nei minimi dettagli. Meno scelta, più qualità.

Nel frattempo, l’economia costringe i clienti a spendere con maggiore attenzione. Molti locali rischiano di chiudere, ma questa selezione naturale darà spazio a chi sa innovare senza tradire la propria identità. I ristoranti che riusciranno a sopravvivere saranno quelli capaci di proporre un’esperienza autentica e memorabile, con un concetto forte e ben definito.

In Italia, la strada sembra tracciata: farine di grani antichi, tecniche tradizionali, rispetto per il territorio. Questo ritorno alle origini non è solo un fenomeno nostalgico, ma una strategia vincente per affrontare le sfide del futuro. Ed è una lezione che vale la pena imparare, un boccone alla volta.

Guarda adesso la Q&A del 20 settembre 2023, con il rinomato tre stelle Michelin, David Kinch.

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