Castagne: bollite o caldarrosto?
E quando cade questo momento dell’anno – quando l’autunno trascolora nell’inverno – succede sempre. Finisce che ci si divide in due fazioni, e non c’è verso di mettersi d’accordo. C’è chi la castagna la preferisce arrosto, e chi bollita.
Impossibile trovare un punto di equilibrio. I fans delle caldarroste evocheranno immediatamente la poesia della brace, il profumo delle castagne sul fuoco, lo scalpiccio della carta paglia utilizzata per avvolgerle e in qualche modo, raffreddarle. E poi, il miracolo di quella padella dal fondo bucato necessaria per le caldarroste home made. Infine, con buona dose di nonchalance, mostreranno anche i polpastrelli anneriti – e un poco bruciacchiati – dall’ultima esperienza.
I teorici delle castagne bollite, invece, evocheranno atmosfere dickensiane, rimuginando su tempi passati in cui le castagne erano uno dei pochi carburanti per passare l’inverno, per poi concentrarsi sull’essenzialità della castagna bollita, la sua morbidezza intrinseca, la sua texture così peculiare, la dolcezza che si esalta nella delicatezza di una prolungata bollitura.
A chi dare ragione? Non per fare i dorotei, ma non siamo in grado di schierarci.
Perché le caldarroste, quando la castagna è quella giusta, e l’arrostitura sapiente, sono davvero momento prezioso. Ancor più se accompagnate da un buon bicchiere di vino rosso.
Ma anche le castagne bollite hanno il loro perché. Provate a cuocerle, senza inciderle, in una pentola a pressione per circa 45′ in acqua con un cucchiaino di sale e del finocchietto selvatico: risulteranno notevoli, un vero inno al piacere.
E poi, perché schierarci, quando in fondo c’è qualcosa che unisce le due preparazioni, ed è il senso di compagnia e di amicizia. Perché castagne significa – questo sì, mette tutti d’accordo – serata in famiglia, amici al proprio desco, chiacchiere, racconti; gusto, indugio e condivisione.
Ma c’è una terza via? Beh, sì. Sono i marrons glacés. L’apoteosi della dolcezza, la difficoltà di una preparazione manuale lunga, meticolosa, artigianale. Anche qui ci si divide. O li si ama, o li odia. Noi li amiamo, in maniera totale. E li abbiamo anche in catalogo, dei migliori, preparati come vuole la tradizione: prima immersi per nove giorni in acqua, poi cotti in acqua con saccarosio e vaniglia, e successivamente canditi con sciroppo di zucchero, in un procedimento che dura diversi giorni, fino a quando i marrons glacés non sono giunti al giusto punto di morbidezza. Solo allora – dopo aver riposato un giorno – vengono glassati con zucchero a velo e acqua, e infine cotti brevemente in forno, per cristallizzare la glassa. Eccolo, il marron glacé: da provare nelle festa, da provare per far festa…